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L’economia digitale. La soluzione per uscire dalla crisi.

Solo 15 anni fa sono comparsi i primi browser e ad oggi un terzo della popolazione mondiale ha accesso alla Rete.

Dal punto di vista economico, il web è un fattore trainante per l’economia permettendo alle aziende di ottimizzare i propri modelli di business. Dal punto di vista sociologico, la tecnologia ha influenzato la vita di tutti noi: nuove relazioni sociali, nuovo modo di guardare la TV, nuovi canali di comunicazione e nuovi comportamenti d’acquisto (e-commerce, coupon, ecc...).

Nei paesi dove la tecnologia è sfruttata intensamente (Svezia e Regno Unito), l’economia digitale ha un contributo diretto sul PIL superiore al 5% oltre al beneficio dovuto ai nuovi posti di lavoro e allo sviluppo delle piccole e medie imprese soprattutto grazie alle esportazioni, oltre ai benefici indiretti sul PIL dovuti per esempio agli acquisti effettuati nei punti vendita tradizionali ma favoriti dalla ricerca online (effetto ROPO: research online, purchase offline).

Ovviamente l’Italia è in ritardo, nonostante abbia svolto un ruolo di primo piano nel corso degli anni 90. È del 2% l’impatto dell’economia digitale sul PIL.

Di seguito la sintesi di uno studio effettuato dal Digital Advisory Group (DAG), un gruppo composto da Università e Aziende pubbliche e private ed ha come obiettivo incoraggiare la creazione di un contesto favorevole per lo sviluppo dell’ecosistema digitale italiano.

Lo Studio ha individuato 5 principali ostacoli che determinano questo rallentamento nella crescita dell’economia digitale italiana:

1. Scarso accesso alla banda larga

2. Scarsa propensione all’e-commerce da parte dei consumatori e delle PMI

3. Scarsa digitalizzazione delle PA

4. Limiti nel quadro normativo

5. Carenza di competenze digitali qualificate

L’economia digitale crea valore poiché contribuisce alla crescita del PIL, crea nuovi posti di lavoro e fa aumentare le esportazioni. In maniera indiretta produce benefici per il cosiddetto “effetto ROPO”. Alcuni studi dimostrano che in Italia questo effetto ha già avuto un impatto notevole in molti settori tradizionali (settore immobiliare, automobilistico e ovviamente nel turismo).

Secondo la ricerca condotta da McKinsey & Company, in Italia sono stati creati circa 700.000 posti di lavoro collegati al Web negli ultimi 15 anni. Di questi, il 60% è direttamente collegato a Internet, tanto nei settori altamente digitalizzati (come per esempio nello sviluppo di software, telecomunicazioni, portali Web), quanto nei settori più tradizionali (come nelle funzioni di Web marketing o di ICT nel settore bancario). Nei soli Stati Uniti, sono stati creati 180.000 posti di lavoro orientati allo sviluppo di applicazioni per la piattaforma Facebook. In Italia, il Web ha creato una media di 1,8 posti di lavoro per ogni posto eliminato, portando un contributo complessivo netto di circa 320.000 nuovi posti di lavoro creati dalla nascita di Internet.

Lo studio condotto da McKinsey su oltre 4.800 PMI operanti in 13 paesi, tra cui 415 aziende italiane, ha individuato una stretta correlazione tra il livello di utilizzo di Internet di un’impresa e la sua capacità di crescere ed esportare. A livello internazionale, le aziende con una forte presenza nel mondo digitale sono cresciute a una velocità più che doppia rispetto a quella delle aziende con una presenza minima o completamente assenti, indipendentemente dal settore economico in cui operano. Inoltre, le PMI che hanno realizzato un sito web di vendita online (piattaforma e-commerce) hanno esportato il doppio di quelle che non lo utilizzano. In Italia le aziende “ad alta intensità di Web” (ossia le aziende che vendono online e investono oltre il 2% del proprio fatturato annuo in tecnologie legate al Web) hanno registrato un tasso di crescita elevato, fino a quasi il 10% annuo, rispetto alla sostanziale stagnazione di quelle “a bassa intensità di Web”. Le imprese ad alta intensità di Web hanno inoltre esportato più del doppio, con una media dei ricavi oltre confine superiore al 5%, rispetto a poco più del 2% delle aziende poco attive sul Web.

In particolare, le imprese italiane che hanno assegnato più del 5% dei propri dipendenti a mansioni correlate al Web o alle tecnologie digitali hanno riportato un margine operativo del 50% superiore a quello delle società con scarsi investimenti in Internet.

Un vantaggio rilevante dell’economia digitale è che la tecnologia e il web non sostituiscono le attività tradizionali ma le integrano e le aiutano a crescere.

Tra gli ostacoli che determinano un rallentamento dello sviluppo dell’economia digitale c’è la scarsa propensione all’e-commerce.

In Italia si rileva una bassa propensione all’e-commerce, tanto da parte dei consumatori quanto delle PMI. Si tratta di un fenomeno principalmente dovuto all’esistenza di barriere culturali e a una limitata conoscenza del potenziale di Internet. Le dimensioni del mercato e-commerce sono basse: 0,7% del PIL rispetto all’oltre 1% di Francia e Germania e del 3% del Regno Unito. La notizia positiva è invece il tasso di crescita dell’e-commerce italiano che registra performance doppie rispetto a Stati Uniti e Regno Unito, e leggermente superiori alla media europea (un aumento del 14% nel 2010 rispetto ai livelli del 2009 e un ulteriore aumento del 17% atteso per il 2011).

Dal lato della domanda, il 78% degli utenti italiani di Internet cita il “bisogno di accertarsi direttamente della qualità del prodotto” come la principale ragione per non effettuare acquisti online. In aggiunta a questo motivo tipicamente culturale, gli italiani manifestano anche un senso di diffidenza e disagio nei confronti delle procedure di vendita online. In particolare, lamentano la mancanza di rapporto diretto con il venditore e l’impossibilità di contattarlo nel caso sorgessero eventuali problemi in un momento successivo all’acquisto, ed esprimono la loro sfiducia nei confronti della sicurezza delle transazioni online.

Dal lato dell’offerta, sono meno del 40% le PMI italiane presenti sul web e la cosa ancor più grave è che il 70% delle aziende non presenti non prende nemmeno in considerazione l’ipotesi di aprire un sito internet. Tale debolezza dell’offerta è determinata da un ostacolo cruciale rappresentato dalla limitata consapevolezza che le PMI italiane hanno del potenziale di Internet: oltre il 70% di tutte le aziende italiane, indipendentemente dalle dimensioni, ritiene che il prodotto o il servizio offerto non sia adatto al commercio elettronico. Un altro ostacolo considerevole è la carenza delle competenze organizzative e della flessibilità aziendale necessarie per sviluppare un’offerta efficace sul Web.

La ricerca individua anche 12 idee per sviluppare l’economia digitale in Italia raggruppate in sei aree tematiche: infrastrutture, aspetti normativi, domanda dei consumatori, offerta digitale, servizi di e-government, competenze digitali.

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La ricerca completa è disponibile qui: Sviluppare l’economia digitale in Italia: un percorso per la crescita e l’occupazione

Fonte: Digital Advisory Group

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